magnacharta

Hanno oltre mezzo milione di ascoltatori mensili su Spotify, due album usciti quasi in contemporanea, look da copertina e nomi perfettamente internazionali: Gabe, Lennie, Milo e Orion. 

Ma c’è un piccolo dettaglio: nessuno li ha mai visti. 

Perché i Velvet Sundown, semplicemente, non esistono. 

Sono una band generata (quasi sicuramente) dall’intelligenza artificiale, anche se qualcuno giura ci sia una “mano umana” dietro. Mano che, comunque, non ha mai stretto quella di un giornalista, né imbracciato una chitarra su un palco. Le loro foto? Finte. Le loro voci? Non è dato saperlo. Il loro pubblico? Vero, entusiasta e – a quanto pare – assolutamente indifferente all’assenza di realtà. 

I Velvet Sundown sono il sogno bagnato di ogni algoritmo: nessun ritardo, nessun capriccio da backstage, nessun tour da organizzare. Solo playlist curate, suoni puliti, mood perfetto per “Indie Soft Mornings” e “Chill Sunset Vibes”. 

La polemica è esplosa quando Deezer ha cominciato a etichettare alcune tracce come “AI generated”, e il nome della band è rimbalzato tra dubbi, smentite e comunicati perfettamente pettinati. Loro dicono: “siamo umani, anche nei nostri errori”. Ma nessuno ha mai visto uno di questi errori. O uno di loro. 

Il punto, però, non è se Velvet Sundown sia reale. È che forse non ci interessa più. La musica è diventata intrattenimento da sfondo, come l’illuminazione di un centro commerciale: meglio se gradevole, ma guai a disturbare. 

In un panorama dove il 18% della musica caricata ogni giorno è già prodotta da AI, e il 70% di quella è considerata fraudolenta, i Velvet Sundown non sono un’eccezione: sono l’inizio della regola. 

Il bello è che funziona. Funziona talmente bene che non ci chiediamo più “chi ha scritto questa canzone?”, ma “si adatta al mio umore mentre rispondo alle mail?”. Non è più arte, è arredamento sonoro. 

Ed è qui che il paradosso si fa perfetto: band che non esistono per pubblici che non ascoltano davvero. E forse il passo successivo sarà applaudire un concerto in realtà aumentata da parte di avatar emozionati quanto un frigorifero. 

Ma se una canzone finta riesce comunque a farci sentire qualcosa, la domanda vera è: quanto siamo ancora veri noi?